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Ciò che nei nostri precedenti articoli abbiamo considerato solo come un
preambolo all'economia dell'appagamento (una nuova teoria economica agli antipodi da quella americana basata sul consumismo), si fonda sull'idea che
l'Europa sia un nuovo modo di governo delle cose contrassegnato dalla pace, dall'apertura intellettuale, dall'accoglienza, dalla rivoluzione del
software, dalla digitalizzazione dei media e dai flussi di informazione del wireless: le caratteristiche stesse di quella che abbiamo chiamato la
bottega telematica del terzo millennio. Una bottega da cui abbiamo fatto procedere sia la solidarietà come dispositivo di cooperazione sia il patto
di lealtà come dispositivo di equilibrio e, quindi, di riuscita. Successivamente abbiamo avanzato l'idea che entrambi questi dispositivi siano
intersecati da quell'infinito attuale che a partire dalla teoria degli insiemi di George Cantor e dalla teoria dell'equilibrio di John Nash
caratterizza, anche, le istituzioni dell'Unione Europea. Istituzioni che si costituiscono non a partire dal ricordo della paura della grande
inflazione tedesca del 1923, né dalla paura di essere invasi dai prodotti dei Paesi emergenti né, tantomeno, dalla paura dell'immigrazione, ma a
partire dal mito della navigazione: un mito ripreso e rilanciato da Cristoforo Colombo con la scoperta dell'America e che oggi, con la rivoluzione
del software, trova la sua qualificazione in un ciberspazio europeo non più legato al territorio ma alla Rete. E' dunque a partire dal mito della
navigazione e del viaggio, ma anche da internet e dalla città planetaria, che si costituisce la nuova Europa e non come hanno teorizzato Jurgen
Habermas e Jaques Derrida dalla reviviscenza dell'idea di impero fondata su quell'etnia illuminista franco-tedesca che si è sempre opposta sia alle
radici cristiane del mediterraneo che al ragionamento rinascimentale strutturato dall'infinito in atto. In questo nuovo contesto l'Italia è l'Europa,
perché l'Italia ha l'esperienza culturale e la capacità intellettuale necessarie per trasmettere il vero messaggio europeo che è un'istanza di
qualità connessa alla questione narrativa. Una questione narrativa caratterizzata dalla lingua, dal numero e dal ragionamento rinascimentale che, tra
l'altro, è stato la condizione necessaria per la nascita e lo sviluppo del ceto medio. Un ceto medio che ha inaugurato quella nuova idea di stato e
di cittadino dove i poveri, con i loro mestieri assolutamente indipendenti dal quattrino del principe, avevano la chance di diventare ricchi e di
mettersi in gioco anche politicamente. Insomma se l'Italia è un'istanza di qualità senza luogo perché diffusa in tutto il pianeta, anche l'Europa non
è più riducibile ad una questione geografica, ma è quel ciberspazio che oggi ha l'occasione di trovare sbocco nel Pacifico e verso quella ricchezza
enorme che si chiama Cina. Come affrontare questa opportunità è una questione legata all'invenzione e al rischio: i due modi dell'ingegno che a
partire dall'infinito in atto contrassegnano sia la bottega telematica del terzo millennio, sia l'economia dell'appagamento e della pace. E, proprio
a partire dall'infinito in atto, nel nostro precedente articolo ci chiedevamo quale universo fosse quello prima di Euclide. E questa domanda ce la
ponevamo perché il numero, il ragionamento, ossia la serie come numerazione, con Pitagora e con i sofisti è duale. Ma se il numero è duale allora i
conti non tornano mai, quindi l'universo non può essere trattato come quel tutto che, da Euclide a Einstein, deve mettersi al servizio dell'unità:
una trovata filosofica per economizzare lo sbaglio di conto e il dispendio intellettuale, ovvero proprio quel lavoro infinito che le cose fanno per
approdare alla loro qualificazione e al loro valore assoluto. Alla luce di queste riflessioni possiamo, poi, anche chiederci: che cosa constata
Parmenide? Parmenide constata l'inconciliabilità del due, ovvero la sua non sottomissione al compromesso e alla via di mezzo. Se l'uno di Parmenide
procede, quindi, dal due ciò significa che la sua procedura non è contraddistinta dalla quantità ma dalla qualità, ovvero dall'infinito in atto. In
questo contesto l'uno di Parmenide è assolutamente agli antipodi da quell'uno di Platone che si divide in due, fino a formare quella piramide che è
la rappresentazione geometrica pura dell'ordine ideale cosmico. Un ordine che si è sempre opposto al viaggio, al viandante, allo straniero, all'
Altro, alla sorpresa, al paradosso, al fare, al libero arbitrio, al rischio d'impresa e al pragma. Ben lungi da questa idea di padronanza universale
sulle cose, le idee e gli uomini, anche Lucrezio inizia ad avanzare l'dea che l'infinito attuale sia una proprietà del fare e del viaggio: una
proprietà che procede da una superficie aperta, la spirale, dove nulla è precluso e dove il tempo è la struttura della "fabrica", ovvero della
favola, insomma della narrazione e del ragionamento. Ebbene, se il tempo è nel fare e non finisce, allora la sua proprietà è l'eternità e non già la
durata che presuppone la gestione del tempo a partire dalla sua elusione. Agli antipodi da questo concetto di padronanza sul tempo e sulle cose, nel
nostro precedente articolo avevamo iniziato a proporre un primo approccio alla definizione dello statuto dell'imprenditore che è quello del servizio
intellettuale: un servizio che a partire dall'infinito in atto, dalla serie come innumerazione, giunge a dissipare quell'idea di consumismo su cui si
basa l'economia di mercato così come la conosciamo oggi. Infatti, un conto è stabilire che le cose possono essere consumate perché sono sottoposte al
concetto di durata, e un altro conto è stabilire che le cose sono eterne perché sono contrassegnate dalla qualità. Ma affinché le cose si
qualifichino secondo il loro modo e secondo la loro cifra occorre il servizio e il servizio esige il capitale intellettuale ovvero la qualità
intellettuale. Ebbene se nessuno sa, preliminarmente, quale sia la direzione del viaggio della propria vita e della propria impresa, allora il
servizio diviene qualità solo quando il dispositivo di direzione e di regia si è instaurato: instaurare questo dispositivo direttivo è il compito del
maestro di bottega, del tutor, che rischia e scommette, in modo assolutamente arbitrario e senza precedenti, in direzione del capitale intellettuale
e del valore assoluto. Da questa arbitrarietà originaria procede anche l'apertura e il modo del due che gli antichi chiamavano dono o prestito. Come
restituire in qualità questo dono o prestito è una questione che attiene al superfluo, ovvero all'inconsumabile: l'altra costante dell'economia
dell'appagamento. Ma questa è già materia di un nostro prossimo articolo.
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