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Come molti lettori hanno notato è soprattutto grazie alla collaborazione delle
donne che il Manifesto del nuovo rinascimento mantovano si è potuto scrivere. E, effettivamente, senza la questione femminile come questione
eminentemente rinascimentale, questo Manifesto sarebbe stato impensabile. Anche l'intervento di oggi, tenuto dalla dottoressa Francesca Andreatta, si
colloca, quindi, nel contesto di una scrittura civile che è diventata l'indice, la spia e la traccia della rinascita della Mantova dei nostri sogni.
Sogni assolutamente pragmatici perché hanno contribuito a sfatare, per la prima volta in cinquant'anni, la credenza che la nostra città sia
irrimediabilmente invischiata nella fantasia della bella addormentata: una fantasia di copertura che è servita per giustificare e mantenere
quell'ordine sociale e politico che, dal dopoguerra ai giorni nostri, ha contribuito a creare e a diffondere la mentalità di una collettività debole,
incapace e indifesa e, quindi, in debito totale nei confronti dell'ideologia dell'assistenza, del permesso e della dipendenza. Un debito che, in
assenza della cultura del rischio d'impresa e di principe industriale (l'imprenditore di se stesso), è servito da supporto dell'obbligo morale e
sociale e dell'annullamento nel branco o nel partito. Agli antipodi da questo contesto di assoluta sudditanza psichica, le donne di Mantova che
stanno lavorando alla redazione del Manifesto, oltre a collocarsi nel giardino del tempo, enunciano anche la bozza e il programma di una famiglia che
procede dall'impresa e il cui itinerario sta nel compimento di una scommessa di vita e nell'approdo alla qualità: l'altra faccia della felicità.
Insomma, senza il contributo essenziale di queste donne la bella addormentata continuerebbe ad essere quella bambola pagana, maga e sacerdotessa,
custode ideale di una comunità fondata sul tabù del tempo, dell'impresa e della vendita. E così, la parabola di Francesca Andreatta, oltre ad
avanzare la questione donna come questione intellettuale, ci narra come per lei la questione femminile sia anche l'occasione per elaborare un aspetto
della questione donna: come divenire artista. L'altro aspetto enunciato dalla vicenda di Francesca Andreatta svolge invece la questione
dell'invenzione, della cultura come invenzione, quindi della formazione e della trasformazione, come uno dei risvolti salienti del nuovo rinascimento
mantovano, ma anche dell'industria e dell'era del messaggio. Ma adesso lasciamo la parola a Francesca Andreatta.
"Nel1988 mi sono diplomata al Liceo linguistico di Mantova e nel 1994 mi sono laureata al Dams di Bologna con una tesi in storia dell'architettura.
Una tesi che riguardava le relazioni che si instaurarono tra gli architetti e i Gonzaga in un periodo cruciale della loro storia, quello compreso tra
il 1550 e il 1590: il periodo di Guglielmo e di Vincenzo I Gonzaga. Poi, dopo essermi laureata, ho incontrato alcune persone che, a Mantova, si
occupavano di cultura e insieme a loro ho iniziato ad allestire mostre di arti visive. E subito mi sono accorta come l'arte e la cultura siano delle
attività che a Mantova non hanno mai offerto delle grandi possibilità di crescita professionale ai giovani. A mio avviso questo stato di cose è
dovuto al fatto che gli intellettuali mantovani reduci dal '68, presi com'erano dal conflitto minimalista e postmoderno tra narcisismo e sudditanza
ideologico-politica, non si sono mai curati di trasmettere conoscenza e di avviare un processo di formazione intellettuale che coinvolgesse
soprattutto i giovani. E così, a parte alcuni intellettuali perfettamente inseriti nelle istituzioni, ancora oggi Mantova vive un torpore difficile
da smuovere. Nel 1997, ho iniziato a collaborare con l'assessorato alla cultura della Provincia di Mantova e quello del comune di Virgilio;
quest'ultimo, un assessorato in pieno sviluppo, che aveva bisogno di iniziative culturali nuove da proporre ai suoi cittadini. Grazie a questa
collaborazione sono arrivate anche le prime commissioni e poi la costituzione, con alcune colleghe, di un'associazione culturale denominata Atena. In
principio Atena era un'associazione senza scopo di lucro poi, nel tempo, si è trasformata in una cooperativa che oggi consta di 10 dipendenti. Il
primo incarico della nuova cooperativa fu l'appalto della gestione di tutte le attività culturali del comune di Virgilio. E così, il primo anno,
abbiamo aperto il Museo virgiliano di Pietole che da Museo archeologico è divenuto una Galleria d'arte contemporanea. Uno spazio che negli anni ha
ospitato le opere delle più importanti Accademie di Belle Arti italiane, ma anche proiezioni cinematografiche, serate con scrittori e rassegne
musicali. Tutte attività che per un comune come Virgilio, con un budget ridotto, hanno significato fornire un servizio di qualità mirato ad
accrescere la cultura della comunità in alternativa all'incultura prodotta e spacciata dalla tv.
Oggi la nostra cooperativa ha numerosi interlocutori tra cui i comuni di Curtatone, Castelbelforte, Goito, Castiglione delle Stiviere e tanti altri.
Gli ultimi appalti invece riguardano la gestione di Cà di Pom, lo studio del pittore Vanni Viviani, a San Giacomo delle Segnate, e il Museo
numismatico della Fondazione Banca Agricola Mantovana. Ma non basta. Siccome la cooperativa Atena si è sempre occupata di arti visive, di teatro,
musica e cinema, per quanto riguarda il cinema abbiamo costituito una società di persone che dal 2003 gestisce la sala Verde di Goito e dall'ottobre
2004 anche la sala Mondo 3 di Moglia. Insomma, se nel 1997 nessuno credeva che un'attività culturale potesse diventare anche un servizio, adesso sono
in tanti a doversi ricredere. Forse la mia fortuna è stata quella di non avere concorrenti perché, in effetti, mi sono inventata un lavoro nuovo. Ciò
non è stato sufficiente però a far decollare questa attività. E' servito anche essere tenaci, credere nelle proprie idee e lavorare almeno 16 ore al
giorno. Solo così la mia impresa è giunta al successo e il 10 maggio di quest'anno, in occasione della Giornata Nazionale dell'economia e del lavoro,
in Camera di Commercio, la cooperativa Atena è stata premiata come Idea innovativa impresa giovani. Ebbene io allora auspico che questo modello, che
è un'esperienza aperta e corale dove vige lo spirito di cooperazione, possa essere preso come esempio da tutti quei giovani mantovani di talento che
hanno un sogno da realizzare, così come io ho realizzato il mio. E questo lo dico affinché i giovani collaborino il più possibile tra loro perché,
così com'è impostato il sistema culturale mantovano, occorre creare rete per non rimanere isolati. In conclusione il messaggio che vorrei comunicare
è che se si è insieme, se ci si unisce attorno ad una idea, ad una passione si ha più chances di riuscita. Ma significa anche essere in relazione con
altre realtà non solo del proprio settore, confrontando le esperienze, per apprendere e crescere. Credo molto infatti nei consorzi di imprese,
ovviamente di servizi, dove si può dare un'offerta molteplice ma un unico interlocutore. Questi consorzi in altre città sono una splendida realtà che
Mantova, purtroppo, ancora oggi non conosce a causa di un ritardo culturale che le impedisce di aprirsi al libero mercato.
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