|
Un contributo scientifico essenziale al proseguimento dell'esposizione di
quella che nell'articolo del 19 novembre 2004 abbiamo chiamato economia dell'appagamento, ci viene dato dalla teoria dei giochi. Prima di
affrontare la teoria dei giochi e la sua connessione con l'economia, una breve premessa si rende necessaria. E' noto che molti grandi matematici si
sono divertiti ad escogitare giochi e rompicapi e, a partire dagli anni Venti del secolo scorso, il poker e gli scacchi incominciarono ad interessare
i matematici di Gottinga. All'università di Gottinga, inoltre, un genio matematico tedesco, David Hilbert, con la sua teoria degli assiomi aveva
rivoluzionato la matematica spostandola dall'empirismo all'astrattismo. Hilbert e altri matematici riuscirono ad estendere l'approccio assiomatico
anche alla logica e alla teoria dei giochi. E così, mentre in Europa, fin dai primi anni del Novecento, c'erano dozzine di cattedratici e
intellettuali che si dedicavano ad inventare e a divulgare la nuova matematica, in America non ne esisteva neanche uno. Poi, verso la fine degli anni
Venti, anche grazie al contributo di molti filantropi, Princeton, una città a pochi chilometri da New York, diventò il centro matematico
dell'universo. All'università di Princeton insegnavano Albert Einstein, Kurt Godel, Robert Oppenheimer e il discepolo di Hilbert, John von Neumann,
l'inventore, tra l'altro, delle tecniche matematiche per il funzionamento dei computer. Von Neuman nel 1928 con il teorema del minimax (un
teorema che esclude il terzo per garantire il conflitto tra due giocatori, come avviene nel gioco degli scacchi), fu il primo a fornire una
descrizione matematica completa di un gioco. Ma fu solo nel 1938 quando von Neuman incontrò Oskar Morgenstern, un economista immigrato dall'Europa
come lui, che si formò il nesso tra gioco ed economia. Morgenstern convinse von Neuman a scrivere un trattato in cui si sosteneva che la teoria dei
giochi era il fondamento scientifico di ogni teoria economica.
Nacque così, nel 1944 The Theory of Games and Economic Behavior, un libro rivoluzionario che applicando la matematica come linguaggio della
logica scientifica, attaccava la visione keynesiana basata sugli incentivi, il comportamento e la psicologia individuale. L'essenza del messaggio di
von Neuman e Morgenstern consisteva nel sostenere che i problemi tipici del comportamento economico diventavano rigorosamente identici ai concetti
matematici relativi ai giochi di strategia. Infatti la cosa più importante di questa teoria riguardava i giochi a due giocatori e che erano giochi di
conflitto totale. Giochi che tra l'altro si adattavano perfettamente ad elaborare modelli e strategie che riguardavano la guerra scoppiata in Europa.
Ma si adattavano anche e soprattutto al problema che aveva avviato la guerra fredda: la minaccia del conflitto nucleare tra Stati Uniti e Unione
Sovietica. Questi giochi, però, non erano in grado di dire se le perdite per gli sconfitti si sarebbero rivelati vantaggi per i vincitori. Con le
armi che diventavano sempre più distruttive infliggere al nemico il massimo danno possibile non aveva più senso. E così i giochi a due giocatori, se
si dimostravano inutili alla strategia militare, gettarono, però, le basi per far prosperare l'economia che cresceva all'ombra della guerra fredda:
quella del consumismo che a partire dal discorso della guerra, considerava il mercato al pari di un campo di battaglia.
Se una parte dell'edificio della teoria dei giochi poggia sul teorema del minimax di von Neuman, l'altra sua parte è strutturata, invece, dal
teorema dell'equilibrio formulato da John Forbes Nash, nel 1950. Il genio di Bluefield, nella West Virginia, e premio Nobel per l'economia, si
distaccò completamente dal teorema di von Neuman e avanzò l'ipotesi che i giochi cooperativi fossero formati da un numero N di persone che si
accordavano per trovare un punto di equilibrio. In breve: il teorema di Nash è che ci sia un punto naturale di equilibrio che tende a mantenersi nel
tempo e per mezzo del quale ciascun giocatore sceglie la migliore risposta da dare alle azioni degli altri. I giocatori di questo grande gioco a
masse multiple sono costretti, così, a collaborare tra loro se vogliono massimizzare i loro tornaconti.
L'equilibrio di Nash si poteva quindi applicare ad una classe di situazioni molto più ampia rispetto al teorema del minimax di von Neuman. Infatti il
suo teorema si poteva adattare al disarmo totale, alle scienze economiche, alla sociologia, alla biologia e alle nuove scienze politiche. Scienze
politiche che applicate alla globalizzazione oggi hanno contribuito a dissipare sia le etnie che l'idea di impero. A nostro avviso, quindi, il
teorema dell'equilibrio di Nash è anche alla base della nascita dell'Unione Europea: un ciberspazio non più legato al territorio ma fondato su un
gioco politico astratto (dove non c'è più qualcuno che vince o che perde, come nella politica conflittuale, ma vincono tutti quando trovano un punto
di equilibrio) e su un governo policentrico caratterizzato dalla pace, dalla collaborazione, dall'accoglienza, dalla rivoluzione del software, dalla
digitalizzazione dei media, dai flussi di informazione del wireless e dalla bottega telematica. Una bottega caratterizzata da quell'economia
dell'appagamento da cui abbiamo fatto procedere sia la solidarietà come dispositivo di cooperazione, sia il patto di lealtà come dispositivo di
equilibrio e, quindi, di riuscita. Entrambi i dispositivi sono intersecati, poi, da quell'infinito attuale che caratterizza anche le nuove
istituzioni della UE. Istituzioni pensate, appunto, per gestire un presente in continuo cambiamento. In questo contesto l'Europa è un'idea nuova di
governo delle cose ed è per questo che è anche indice della civiltà planetaria e della globalizzazione. E la globalizzazione che non faccia più
riferimento al sistema di dominio degli uni sugli altri - dalla guerra dei due blocchi all'iperguerra del terrorismo internazionale - è l'altro nome
del rinascimento. Un rinascimento caratterizzato dalla politica del tempo e dalle cose che si fanno secondo l'occorrenza. Ma questo è già materia di
un nostro prossimo intervento.
|