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Come più volte ribadito nella sezione del nostro Manifesto che abbiamo
dedicato alla teoria, un'azienda che si basa sul principio del potere contrattuale non è un'azienda efficiente. Infatti, in un'epoca come l'attuale
dove il profitto è visto come premio per lo sfruttamento delle risorse naturali, tecnologiche, ma anche umane, stiamo avanzando l'ipotesi,
assolutamente rivoluzionaria, che un'impresa non più basata sul potere contrattuale ma sulla solidarietà umana sia più profittevole, purché fondata
sull'onestà intellettuale: una virtù che non comporta la deontologia professionale o l'ipocrisia morale, ma esige solo che le cose si dicano,
si facciano e si qualifichino con l'eccellenza della lealtà.
Così abbiamo introdotto il concetto di un'azienda non più governata dai cerimoniali dei conflitti perpetui, ma da dispositivi intellettuali. Questa a
nostro avviso è un'azienda pragmatica, perché nei suoi dispositivi di governo e di direzione risiede anche il suo valore sociale. La nostra proposta
è, quindi, quella di individuare quale sia il dispositivo intellettuale da instaurare in ciascuna azienda in modo che fra chi comanda e chi esegue
non ci sia più una relazione sociale come quella tra il padrone e il suddito. Ma per instaurare quelli che abbiamo chiamato i dispositivi
intellettuali dell'azienda ci vogliono umiltà e ascolto, basi e condizioni di quel dono d'amore, di quel dare, che è la causa scatenante della vera
felicità dell'uomo. Noi dunque avanziamo l'idea che il successo di un'azienda, oggi, passi attraverso la felicità dell'individuo integrato in
un'equipe di lavoro il cui modello di gestione poggia sul dono e non sul profitto. E questo lo diciamo perché una cosa data con amore non contempla
la perdita ma l'investimento, dunque il guadagno: con il dono, infatti, si instaura un patto fondato sulla valorizzazione del dono stesso ma anche
sulla riuscita di un'impresa o di un percorso di vita. Per raggiungere la felicità è dunque necessario instaurare un nuovo modello organizzativo che
non si fondi sul soggetto "automa" o sulla dicotomia servo padrone, ma sulla solidarietà e sulla cooperazione. Orbene, per uscire da quella struttura
chiusa formata dal budget e dal profitto noi abbiamo iniziato ad elaborare un modello di Botteg@ che integra l'antico
modello rinascimentale alla bottega telematica del terzo millennio. E così, il maestro di questa nuova bottega risulta essere
quell'imprenditore che come dispositivo intellettuale richiede ai suoi manager non il profitto come fine, ma la felicità di tutte le persone che
cooperano alla riuscita e al successo dell'impresa. Questa felicità, poi, si concretizza grazie ad un modello di gestione che prevede la figura
dell'imprenditore come tutor, la cui missione è quella di insegnare a valorizzare, fuori e dentro l'impresa, la cultura del dono.
La novità di un'impresa siffatta, oltre a perseguire l'ottimizzazione del capitale intellettuale dell'impresa stessa, sta proprio nel saper dirigere
e governare un'equipe, un dispositivo di battaglia, composto da persone che, ciascuna secondo i propri talenti, sappia esprimere la propria
eccellenza professionale in un contesto di felicità di gruppo. In estrema sintesi: se il maestro di bottega, il capitano o l'imprenditore non sono
dominati dalla fantasia del profitto come scopo e come fine, ma si prendono cura della formazione intellettuale dei propri collaboratori, perseguono
un bilancio umano e societario che solo apparentemente può risultare penalizzante. In realtà risulterà di grande successo perché esige il programma
dell'avvenire dell'uomo. Alla luce di quanto fin qui detto oggi avanziamo la nozione di bottega in rete.
Anzitutto noi consideriamo la bottega come un dispositivo intellettuale dove ciò che si fa e si fabbrica è quell'estremo prodotto che è la qualità.
Questa bottega archetipica è formata da un maestro e da sette collaboratori ed è caratterizzata dall'autorità (non dall'autoritarismo) e dalla
responsabilità gestionale. La sua specificità si fonda, poi, su un patto che lega tra loro la strategia e gli obiettivi del maestro di bottega con
ciascuno dei suoi collaboratori. Questo patto si attiene al rischio di impresa e alla riuscita del progetto di crescita individuale e di gruppo.
Invece, in una situazione di impresa complessa, come ad esempio può essere la FIAT, noi avanziamo l'ipotesi che all'interno dell'impresa stessa sorga
e si organizzi quello che chiamiamo grappolo di botteghe. Il grappolo di botteghe è formato dalla singola bottega (la bottega amministrativa,
di produzione, di vendita, ecc.) che costituisce con le altre botteghe una struttura organizzativa, strategica e programmatica, corta e agile che ha
lo scopo di favorire efficaci modalità di scambio delle informazioni e delle decisioni. L'azienda, ovvero il grappolo di botteghe, si struttura,
quindi, in una rete "locale" di botteghe a loro volta connesse in rete di botteghe "remote" costituite dai soci, dalle istituzioni, dallo stato, dai
fornitori, dai consulenti e da tutti coloro che istaurano relazioni con l'impresa. Ebbene, se fino ad oggi abbiamo parlato della felicità
dell'individuo all'interno dell'impresa, adesso avanziamo l'ipotesi che questo modello di bottega possa strutturare anche la felicità delle persone e
delle organizzazioni esterne che si relazionano con l'impresa. Se, come abbiamo precedentemente stabilito, il maestro di bottega si prende cura del
processo di crescita intellettuale dei suoi collaboratori, altrettanto farà per favorire il processo di crescita intellettuale dei suoi interlocutori
esterni. In questo modo, per esempio, il maestro di bottega che acquista un prodotto da un fornitore non intende questa attività come una mera
transazione economica ma come opportunità per divulgare un dono. Solo così egli massimizza la felicità del suo interlocutore e, simultaneamente,
esporta nel mondo sia lo specifico della sua azienda, sia lo stile, la cultura e la formazione che connotano la sua impresa. Insomma, il maestro di
bottega oltre ad esportare il suo fare esporta anche felicità a tutto vantaggio di quell'entusiasmo che scaturisce da un dono fatto con amore senza
aspettative di reciprocità. Se il maestro di bottega sarà in grado di introdurre questa nuova cultura del dono, della solidarietà e della
cooperazione allora si inaugurerà anche l'era della civiltà industriale e, di conseguenza, la pace planetaria.
A sostegno di questa nostra teoria, la settimana prossima, porteremo all'attenzione dei nostri lettori l'esperienza di Paola Ferrari: una giovane
mantovana che sul dono d'amore sta costruendo il suo avvenire. E la fortuna della sua impresa.
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