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Ciò che fin dai primissimi interventi, pubblicati in questa rubrica, è emerso
come traccia originaria da cui procedere per avviare un itinerario che approdi alla qualità è stato il concetto di famiglia. E noi, oggi,
grazie al materiale acquisito, possiamo formulare qualcosa di più preciso intorno ad un'istituzione che per troppo tempo è stata considerata
l'equivalente generale di gruppo, di popolo, di gregge, i cui valori, com'è noto, si reggono sulla dicotomia bene-male: un vero e proprio farmaco
morale da assumere come una sostanza.
Agli antipodi da questa impostazione, noi pensiamo che la famiglia proceda,
invece, da una traccia originaria che consente di distinguere il principio, la radice (l'archè) e l'itinerario dello spirito del dono. Il disegno di
questa famiglia originaria e mitica poi va dalla politica del tempo all'impresa e in questo contesto, assolutamente rinascimentale, la famiglia
risulta essere un effetto pragmatico, un effetto del fare. Questo tipo di famiglia, come abbiamo più volte ribadito nei nostri scritti teorici, è
assolutamente estranea a tutti quei procedimenti che, per esempio, considerano il figlio un bene da proteggere o, peggio, una proprietà da far valere
negli scambi che regolano le gerarchie sociali, economiche e politiche. Un lascito culturale che ci viene da quell'ideologia illuministico-romantica
che per giustificare il figlio ha dovuto attribuirgli l’incapacità e la debolezza. E così, il figlio non ammesso, il suddito e il dipendente sono
costretti ad adeguarsi a questa ideologia, per continuare a rispettare l'appartenenza della famiglia, del gruppo, e dell'impresa ad un sistema che
sull'egoismo fonda la propria identità. E le proprie fortune consumistiche.
Noi, invece, abbiamo subito avanzato l'ipotesi che il figlio ammesso, certo,
quello che procede dall'etica, sia un individuo a cui la famiglia dona, generosamente, quel capitale intellettuale e materiale che la rende
autrice
della sua felicità. In questa famiglia, il cui viaggio incomincia dal dire (la
fiaba), attraversa il fare (la favola) e approda alla qualità (la saga), il dono, il dare, assume il suo statuto di valore spirituale non perché
risulta moralmente conveniente a chi lo fa, ma perché è utile a chi lo riceve. Questa procedura, inoltre, introduce una nuova idea di ringraziamento:
essendo escluso a priori ogni debito morale il figlio sopravvaluta talmente il dono ricevuto che, in tutta libertà, è indotto allo stesso
comportamento verso gli altri. E, in definitiva, è proprio dal ringraziamento che sorge la sua humanitas. Ecco cosa intendiamo, quindi, quando
diciamo che la famiglia procede da una traccia originaria: una traccia a cui nessuno può sfuggire e che non risparmia nessuno, e alla cui libertà non
possiamo sottrarci. Questa libertà trova poi la sua formalizzazione in quel dispositivo intellettuale di governo delle cose che abbiamo chiamato
principe industriale: un individuo che con equilibrio e serenità riesce ad avviare un progetto di vita e di riuscita che è il prodotto della
combinazione tra il dono di famiglia e la capacità di divenire imprenditore di se stesso, uomo del fare, industriale.
Ebbene, se il principe industriale è colui che investe i suoi talenti e le
proprie risorse per rendere felici se stesso e gli altri, il suo statuto si qualifica in quel dispositivo artificiale, in quell'arte del fare, che
abbiamo chiamato bottega, alla cui base c'è l'assemblea e il cui scopo non è il profitto, ma la felicità di tutti gli individui che lavorano,
appunto, nella bottega.
Alla luce di questo itinerario intellettuale, lo scorso 5 settembre, si è
avviato quell'atto costitutivo che porterà il nostro movimento a strutturarsi in associazione. I lavori della nostra assemblea costituente sono stati
inaugurati dalle arie dell'”Ave Maria” di Schubert, da “Se Florindo è fedele” di Alessandro Scarlatti e da “Se tu mi ami” di Giovanbattista
Pergolesi, cantate dal soprano Flora Di Pierro: una giovanissima cantante lirica che fra pochi giorni terrà la sua prima audizione per entrare in
Conservatorio. Noi riteniamo Flora Di Pierro il primo dono di quella bottega che si è costituita sull’ideale di ciò che abbiamo chiamato Nuovo
Rinascimento Mantovano.
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