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a cura di Giacomo Bucci ed Enrico Ratti articolo pubblicato in prima pagina sulla Cronaca di Mantova il 10 settembre 2004
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Principe industriale |
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Con questo articolo portiamo a compimento le campiture di quella parte del nostro Manifesto del Nuovo
Rinascimento Mantovano dedicato all'elaborazione teorica di un nuovo modello di vita e di riuscita strutturato dall'onestà intellettuale, dal
rispetto dell'altro e dal miglioramento umano e civile della nostra collettività. Un modello di vita che si è avviato a partire dall'analisi del
concetto di individuo e del dono di famiglia, fino ad arrivare alla definizione di un nuovo modello teorico di impresa, di azienda e di industria.
Oggi, a conclusione di questa prima ricognizione intellettuale che consideriamo il preambolo del nostro Manifesto, analizzeremo quello che intendiamo
quando parliamo di principe industriale. Anzitutto il principe. Che cosa si intende, oggi, quando si pensa al concetto di principe? A
nostro avviso il principe moderno, essendo uno statuto intellettuale, è quanto c'è di più arbitrario e di più lontano dal concetto di padronanza in
cui si riflettono tutte le genealogie del potere. Il principe è, allora, colui che, emulo del tempo, non evita il rischio e la lotta, non
contravviene al diritto dell'altro e non si preclude la vittoria. Ma è anche colui che non rifugge la prova di realtà, non si assoggetta alla calma,
non si fa vittima e non ammette la rovina di sé. Insomma, il principe nuovo è colui che dissipa il bestiario di partito e di casta, di corte e di
cappella e introduce l'apertura intellettuale da cui procedono i dispositivi di governo della famiglia, dell'impresa e della società.
Ma veniamo, adesso, ad analizzare il termine industria. Nei due secoli in cui l'ideologia illuministico-romantica ha fatto di tutto per
contrastare la rivoluzione industriale, non è mai comparso qualcosa che accennasse a quel capitalismo intellettuale che procede dal fare. E se
l'industria sta nel fare noi, allora, non siamo mai entrati nell'era postindustriale. Ma c'è di più: noi, durante la redazione del nostro Manifesto,
abbiamo avanzato l'ipotesi che il capitale non sia un prodotto di potere, ma il modo con cui le cose si ricevono con dono d'amore e divengono
qualità, quindi capitale. Anzi, abbiamo addirittura avanzato l'idea che la vita stessa divenga capitale, perché il nostro destino non è quello di
imparare a sopravvivere, ma imparare a capitalizzare i nostri talenti. L'industria, così, risulta essere la struttura originaria e vitale della
parola, la sua struttura materiale, quella del fare (industria era impalcatura di legno, e ùle in greco è sia legno che materia), costituita
dall'arte e dalla cultura, dalla tecnica e dalla macchina, dal gioco e dall'invenzione. Ma che cosa sarebbe, allora, l'industria senza questi suoi
statuti? Sarebbe solo speculazione, arroganza e sopraffazione del potere industriale. E' una cosa orribile, eppure succede. Un'industria siffatta è
però destinata alla rovina perché, prima o poi, tutti si conformano alle fantasie dell'imprenditore, alle sue idee fisse, come il consumismo
sfrenato, la vanità e la decadenza ideologica. In breve la questione dell'industria, oggi, è questa: che i suoi dispositivi di governo siano
dispositivi intellettuali. Se non sono intellettuali i suoi dispositivi sono animali, animati o animistici. Sono dispositivi superstiziosi gravati da
acciacchi e tic. Il principe industriale è, invece, il dispositivo intellettuale di governo delle cose, ma anche la conclusione di quell'itinerario
culturale che nel nostro Manifesto si è avviato con l'elaborazione del concetto di individuo, di famiglia e di impresa. In altri termini: il principe
industriale è quell'individuo che con equilibrio e serenità riesce ad avviare un progetto di vita e di riuscita che è il prodotto della combinazione
tra il dono di famiglia e la capacità di divenire imprenditore di se stesso, uomo del fare, industriale. In questo contesto, quindi, lo statuto di
principe industriale è assolutamente individuale, ma è anche sociale, in quanto la riuscita dell'impresa è la condizione necessaria per compiere una
missione sociale di sviluppo e di civiltà. Se è dunque vero che il principe industriale, per divenire tale, deve essere anzitutto imprenditore di se
stesso è anche vero che egli è l'unico responsabile del rischio assoluto, quello dell’impresa della sua vita. Infatti quando una persona si assume il
rischio, l'autorità e la responsabilità di investire i propri talenti in piena libertà e attenendosi alla legge, al diritto e alla giustizia è già
imprenditore di se stesso.
In estrema sintesi: l'imprenditore di se stesso è colui che investe il proprio capitale intellettuale, i propri talenti e le proprie risorse per
rendere felici se stesso e gli altri. Il suo statuto si qualifica, poi, in quel dispositivo imprenditoriale che abbiamo chiamato Botteg@, alla
cui base c'è l'assemblea e il cui obiettivo non è il profitto ma la felicità di tutti gli individui che lavorano nella bottega. E' dunque nella
bottega che si afferma il principe industriale che, come imprenditore di se stesso, diviene autore di un percorso di vita e di riuscita che mira alla
qualità e all'eccellenza.
Noi non auspichiamo l’avvento di un principe assoluto che riporti Mantova ai fasti del passato, ma il nostro sogno è che tutti i mantovani divengano
principi industriali, imprenditori di se stessi e, quindi, cittadini liberi di costruire il proprio futuro senza delegare a pochi quello che è
responsabilità di ciascuno, ovvero costituire dispositivi aziendali, imprenditoriali, commerciali, amministrativi ed educativi che mirino alla
qualità. La soluzione a tutte le nostre insoddisfazioni non è da ricercare al di fuori di noi, ma dentro di noi. Infatti è inutile sperare nella
venuta di un principe illuminato che ci risolva, d'incanto, i problemi; ciò che occorre instaurare, invece, è quella rivoluzione culturale permanente
che permette di integrare le nostre tradizioni, i nostri miti e i nostri sogni con l'innovazione tecnologica e scientifica che sta sconvolgendo il
nostro pianeta. In questo contesto il principe industriale, oltre ad essere un dispositivo intellettuale di governo delle cose, è soprattutto un atto
di fede e di speranza nella vita, in un'epoca in cui sembrano prevalere il terrore, la pazzia e la morte. |
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